Il nuovo corso delle relazioni transatlantiche

federico bosco
4 min readNov 12, 2020

La solita Europa e la nuova America cominciano a guardarsi. Il nuovo presidente degli Stati Uniti ha telefonato ai principali alleati europei. Prima la Francia, poi la Germania, quindi l’Irlanda e infine il Regno Unito. La conversazione con Boris Johnson è stata la più attiva sul piano diplomatico, Joe Biden ha chiesto al premier britannico di fare in modo che la Brexit non comprometta gli accordi di pace tra Irlanda e Irlanda del Nord. Il presidente eletto è uno dei dei circa 30 milioni di Irish-American, e ha molto cuore il destino degli irlandesi.

Nelle stesse ore, parlando alla conferenza degli ambasciatori dell’Unione europea, la presidente Ursula Von der Leyen ha detto che è giunto il momento di una nuova rapporto transatlantico, adatto al mondo di oggi, e che stavolta è compito dell’Europa prendere l’iniziativa. Sulla stessa linea il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che nel suo intervento ha ribadito l’intenzione di trovare un terreno comune “come partner alla pari”, tenendo presente l’obiettivo di rafforzare l’autonomia strategica dell’Ue in tre aree: potere democratico, potere economico e normativo, sicurezza e difesa.

I funzionari hanno fatto sapere che, in vista del vertice di dicembre, Michel organizzerà degli incontri in videoconferenza con i leader di governo per discutere le relazioni con gli USA di Biden. Cinque le questioni chiave di interesse comune: Covid-19, valori, multilateralismo, clima, commercio, sicurezza e interessi geopolitici comuni. Sembra che Michel voglia organizzare una videoconferenza con Biden e i 27 leader, seguita se possibile anche da un summit in presenza.

La questione dei dazi commerciali
Il nuovo corso però non è iniziato nel migliore dei modi. Dopo neanche 48 ore dalla dichiarazione in cui Biden si era impegnato a “rendere di nuovo l’America rispettata nel mondo”, l’Ue ha fatto valere i diritti di rappresaglia del WTO imponendo dazi per un valore di 4 miliardi di dollari sui prodotti USA, possibilità concessa dalla vittoria nella disputa tra Airbus e Boeing. Le misure sono entrate in vigore con effetto immediato, e sono rivolte al settore dell’aviazione, ma anche a prodotti dei settori agroalimentari e industriali.

Nell’annunciare i dazi, il vicepresidente Valdis Dombrovskis, ha detto ai ministri del commercio degli Stati membri di non volere un’escalation, ma che questa è la risposta ai dazi che gli Stati Uniti impongono all’Ue da oltre un anno. La Commissione ha chiesto alla controparte americana di accordarsi per abbandonare le contromisure esistenti con effetto immediato, in modo che sia possibile “lasciarsi questo problema alle spalle” e “riavviare la cooperazione, per lavorare insieme verso i nostri obiettivi condivisi”.

Il desiderio non dichiarato della Commissione è celebrare l’insediamento di Biden rimuovendo quanto prima i dazi reciproci, ma non è detto che le cose andranno in questo modo. Forse saranno rimossi i dazi americani sul settore dell’aviazione, ma non quelli molto più importanti su acciaio e alluminio.

Amici dell’Europa, ma prima l’America
Probabilmente Biden sarà il presidente americano più filoeuropeo degli ultimi anni, ma non bisogna aspettarsi troppa disponibilità a compromessi che mettano realmente Europa e Stati Uniti sullo stesso livello. Soprattutto, non privilegerà l’Ue in quanto tale. Per esempio, Biden e Johnson possono sembrare due opposti destinati a scontrarsi (il nuovo presidente era contrario alla Brexit), ma sul piano strategico il Regno Unito è sulla stessa linea di Biden in misura maggiore rispetto agli altri alleati europei.

Biden ha intenzione di adottare una postura molto più severa nei confronti del Russia di Putin — definita da lui stesso come un regime autoritario e cleptocratico. Su questo argomento c’è più potenziale di conflitto con Francia, Germania e Italia che con il Regno Unito. Inoltre, un rinnovato sostegno alla Nato in funzione anti-russa vuol dire più collaborazione con i Paesi dell’Est, compresi la Polonia e l’Ungheria, da sempre ai ferri corti con l’Ue per le violazioni dello stato di diritto. Budapest e Varsavia lo sanno bene.

Anche sulla Cina la posizione britannica (vedi Hong Kong) è più allineata a quella degli Stati Uniti rispetto alle posizioni più sfumate e differenziate degli Stati membri dell’Ue. Al momento non è chiaro quale sarà l’approccio dell’amministrazione Biden nei confronti di Pechino, probabilmente cercherà di ammorbidire i toni da nuova guerra fredda, ma di sicuro resterà prioritario il contrasto alla penetrazione delle tecnologie cinesi in Europa (come il 5G di Huawei) e il trasferimento o l’acquisizione di know how industriale. Su questo la Casa Bianca pretenderà la massima collaborazione degli alleati.

Infine, si tornerà a parlare di un trattato commerciale Usa-Ue, e stavolta non sarà facile per l’Europa dire di no a tutto come in passato. In compenso, ci sarà un’apertura alle politiche green, che in qualche modo potrebbero essere la ricompensa economica per il successo dei dossier geopolitici. Aspettiamoci quindi mesi di riconciliazione formale e il ritorno dell’idea di Occidente, ma a definire le relazioni transatlantiche dei prossimi quattro anni saranno prima di tutto i compromessi da raggiungere su Cina, Russia e rapporti commerciali.

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